Didattica
Indice
Didattica
La classificazione delle masse d'aria
Nuvole a sviluppo verticale
Anali al suolo:interpretazione
AO (Artic oscillation)
Atmosfera terrestre
Carte GM (Global Model)
Circolazione dell'atmosfera
Clima nelle regioni meridionali
Correnti a getto-Jet Stream
Depressione atlantica
Downburst
Tutte le pagine

 


 

 

Le masse d'aria si possono definire come porzioni di aria trasportate dai venti predominanti. Si possono classificare in base alla loro provenienza: dalle latitudini settentrionali giungono masse più fredde (aria artica ed aria polare) e dalle latitudini meridionali arrivano quelle più calde (aria tropicale).

 

Un'ulteriore differenziazione si basa sul tipo di superficie terrestre sorvolata: se è un oceano la massa d'aria viene definita marittima, se è un continente è detta continentale.

 

In figura sono raffigurate le zone di origine delle masse di aria che interessano l'Europa e soprattutto il Mar Mediterraneo:

 

Aria Artica
Le incursioni di aria artica sono esclusive dei mesi invernali. La loro temperatura estremamente bassa non consente all'umidità di assumere valori elevati.

 

mAK (maritime artic cold): massa d'aria Artica marittima proveniente dalla Groenlandia e dalle Isole Svalbard. Giunge nel bacino del Mediterraneo da nord-ovest sfruttando uno scivolo barico: alta pressione sull'Atlantico settentrionale e depressione sulla Francia. La sua irruzione provoca violenti venti di Mistral nella Valle del Rodano e nel Golfo del Leone con associati rovesci temporaleschi sul Mediterraneo occidentale generati da cumuli, cumulonembi, altocumuli e cirrocumuli. Il contrasto termico con la superficie del Mar Mediterraneo è talmente brusco che sulle Isole Baleari e sul Golfo del Leone si formano delle depressioni secondarie che, nel loro movimento verso est- sudest, si dirigono verso l'Italia.

 

cAK (continental artic cold): massa d'aria Artica continentale proveniente dalla Russia settentrionale e dal Mare di Barents.
Viene canalizzata verso le nostre Regioni dall'enorme anticiclone Russo, esteso d'inverno fino alle coste jugoslave, trovando l'ingresso attraverso la "Porta della Bora". I venti nord-orientali, che spesso la accompagnano, sono molto violenti e concentrati soprattutto nel Golfo di Trieste e sull'alto Adriatico (Bora chiara), trasportando cumuli di bel tempo e stratocumuli ondulati.

 

Aria Polare
Massa di aria che coinvolge soprattutto le Regioni centro-settentrionali italiane durante tutto l'anno. In base al percorso seguito per raggiungere l'Italia viene distinta in:

 

mPK (maritime polar cold): massa d'aria Polare fredda marittima proveniente dall'Atlantico settentrionale e dalla Penisola del Labrador.
Viene convogliata tutto l'anno verso le coste europee e l'Italia in seguito alla formazione di un ampio anticiclone campeggiante sull'Atlantico settentrionale ed una profonda e vasta depressione incastonata tra le Isole Britanniche, la Francia ed il Mediterraneo occidentale. Le corsie preferenziali utilizzate per giungere sino al Mediterraneo sono la Valle del Rodano ed i Pirenei provocando venti forti di Maestrale.
Alla sua avanzata si associa spesso, nel Mediterraneo occidentale, la generazione di depressioni che, nel loro movimento verso oriente, provocano un maltempo generalizzato sulle Regioni italiane con i suoi cumuli imponenti e cumulonembi. Molte volte le Alpi costituiscono un valico insormontabile per tale massa d'aria, allora la sua parte più orientale scivola verso est e, richiamata dalla depressione formatasi sul Mar Tirreno, entra attraverso le Alpi Carniche confluendo violentemente sull'alto Adriatico, è la Bora scura. Nei mesi estivi questa massa d'aria fredda non riesce a raggiungere il Mediterraneo a causa della campana protettiva eretta dall'Anticiclone delle Azzorre.

 

mPW (maritime polar warm): massa d'aria Polare calda marittima proveniente dal Nord Atlantico con latitudine inferiore ai 50°.
Tipica della stagione invernale, trova nella Penisola Iberica o la Francia il canale giusto per tuffarsi nel Mediterraneo. Al suo transito si verifica un lieve aumento della temperatura con deboli piogge, provocate da strati e stratocumuli, soprattutto sulle Regioni settentrionali italiane.

 

cPK (continental polar cold): massa d'aria Polare fredda continentale proveniente dalla Russia continentale.
Caratteristica del periodo invernale è originaria delle zone sottomesse all'anticiclone russo. Giunge in Italia quando il fianco occidentale anticiclonico si protrae fino all'Europa centrale ed alla zona balcanica. Sfonda i confini italiani attraverso le Alpi Carniche accompagnata da venti forti da est o nord-est (Bora chiara), trasportando stratocumuli e cumuli di bel tempo scarsi e poco sviluppati.



cPW (continental polar warm): massa d'aria Polare calda marittima proveniente dalle latitudini superiori ai 50° della Russia meridionale e dai Balcani.
Caratteristica della stagione estiva, arriva in Italia senza comportare alcun fenomeno di rilievo grazie ai suoi cumuli di bel tempo ed altocumuli lenticolari.

 

Aria tropicale
Massa di aria originata dalle zone dominate dagli anticicloni permanenti che stazionano attorno ai 25° di latitudine nord. In estate può spingersi fino alle alte latitudini, mentre nella stagione invernale oltrepassa di rado il Mediterraneo.

 

mTW (maritime tropical warm): massa d'aria Tropicale calda marittima proveniente dai Mari subtropicali e dalle Azzorre.
Generata tutto l'anno dall'Anticiclone azzorriano, piomba sull'Italia attraverso la Penisola Iberica o il Marocco. Viene richiamata dai centri di bassa pressione posizionati fra le Baleari ed il Golfo del Leone originati in seguito ai precedenti afflussi di aria artica marittima o polare marittima, manifestandosi sotto forma di venti sud occidentali (Libeccio) molto forti.
Con il suo arrivo la temperatura e l'umidità tendono ad aumentare, mentre la pressione a diminuire. La visibilità viene ridotta a causa della nebbia e le nubi caratteristiche sono strati, stratocumuli, nembostrati, altostrati ed altocumuli.

 

cTW (continental tropical warm): massa d'aria Tropicale calda continentale proveniente dall'Africa settentrionale e dall'Asia minore.
Giunge tutto l'anno sulle Regioni italiane con forti venti da sud-est (Scirocco). Quando nasce è molto secca, poi, al passaggio sopra il Mediterraneo e a causa della sua elevata temperatura, assorbe enormi quantità di vapore acqueo caricandosi di umidità. È la causa di precipitazioni soprattutto sulle Regioni meridionali italiane poiché, oltre a quelle stratiformi della tropicale marittima, le nubi associate sono anche cumuliformi spesso imponenti. La visibilità è ridotta sia a causa della pioggia sia a causa dei granelli di sabbia trasportati dal deserto.


Sono formazioni nuvolose verticali che, nelle regioni temperate, si estendono dal suolo fino alla regione superiore.

 

Sono le nubi più turbolente capaci di sovrastare le correnti ascensionali. Nelle loro forme più grandi (cumulonembi) possono raggiungere dimensioni enormi, coprendo vasti territori e portando violente precipitazioni e temporali.

 

Queste sono:

- Cumuli (Cu): dal latino cumulus, sono nubi isolate, dense, con contorni ben definiti, a piccolo o a grande sviluppo verticale, a forma di cupole o di torri, con la parte superiore simile a un cavolfiore che non lascia filtrare la luce solare. Sono formate da goccioline d'acqua in sospensione nell'aria.

 

Se il cielo è azzurro intenso ed i cumuli sono bassi e piccoli con la sommità a forma di batuffoli bianchi e la base grigia si ha bel tempo, se invece si presentano grigi e neri e la loro estensione verticale è di grosse dimensioni recano forti precipitazioni a carattere temporalesco.

 

La loro base è quasi sempre orizzontale e le parti superiori sono di un bianco splendente. I cumuli si formano a causa di correnti convettive che si generano per effetto del riscaldamento del suolo. Sono nubi ad evoluzione diurna. Le correnti convettive hanno luogo quando la diminuzione della temperatura con l'altitudine è abbastanza forte e ciò può avvenire sia per il riscaldamento del suolo dovuto all'azione della radiazione solare, sia per il riscaldamento continuo, negli strati bassi, di una massa d'aria fredda che passa su una superficie calda.
Lo sviluppo in altezza dei cumuli dipende, quindi, dalla maggiore o minore instabilità dell'aria.

 

Le grande categoria dei Cumuli si può sezionare in:

 

- Cumuli Umili: lo sviluppo verticale è debole e l'aspetto è appiattito. Si notano sul mare e su zone pianeggianti, anche spesso sulle cime dei colli.

 

- Cumuli Mediocri: l'estensione verticale è moderata con protuberanze poco sviluppate.

 

- Cumuli Congesti o Torreggianti: di grande sviluppo verticale, hanno la parte superiore simile ad un cavolfiore. Spesso si evolvono in cumulonembi. Generano precipitazioni molto deboli, anche quando sono fortemente sviluppati; la loro formazione è preceduta dalla formazione di foschia.

 

- Cumuli Fratti: hanno contorni sfrangiati. Se si formano sotto all'altostrato causano cattivo tempo e precipitazioni intense.

 

- Cumulonembi (Cb): sono masse imponenti, di aspetto minaccioso, simili a montagne o torrioni a grande sviluppo verticale, giungendo fino al livello dei cirri (limite inferiore della stratosfera, a quote dai 12 ai 15 chilometri). Sono nubi che accompagnano manifestazioni temporalesche producendo sempre piogge e grandinate accompagnate da fulmini persistenti e da vento molto forte al suolo. A causa di ciò sono molto pericolose per la navigazione poiché generano un moto ondoso caotico. Date le enormi dimensioni orizzontali e verticali, sono visibili soltanto a grande distanza. Spesso hanno origine dai cumuli congesti formatisi a causa necessario un forte surriscaldamento del suolo che alimenti correnti convettive.

 


Interpretazione delle carte di analisi al suolo.


Le carte di analisi al suolo rappresentano il punto di partenza fondamentale per coloro che intendono capire come "funziona" il tempo. Per poter fare una buona prognosi, bisogna aver fatto una buona diagnosi!
Il primo passo da compiere consiste nel procurarsi una carta di analisi al suolo. Il modo migliore è sicuramente internet. Sono molte le fonti, e ciascuno potrà decidere quale considerare la migliore.

 

Qual è il dato più importante, in una carta d'analisi?
Diversamente da quanto state pensando, il dato più importante è l'orario di riferimento.

Nell'informazione meteorologica, uno degli elementi fondamentali è costituito dalla tempestività. Le osservazioni devono essere come il buon latte: sempre fresco di giornata! Per cui, avendo una carta tra le mani, la prima azione consiste nel verificare data e ora  di riferimento!.
Nella carta in esame, il gruppo data-orario è riportato in alto a sinistra. Che si tratti di un'analisi, lo vediamo dalla doppia specificazione (ASXX, dove AS sta per ANALYSIS SURFACE) e dalla dicitura in chiaro ANALYSIS. L'orario riportato è riferito al meridiano centrale, ed è valido per tutto il globo terrestre). Queste carte vengono solitamente tracciate per ogni ora sinottica principale (00, 06, 12, 18 UTC), e dovendo fare una scelta, può dirsi che quella delle 1200 UTC è la più importante fra tutte.
Importante, poi, è il riconoscimento della geografia (2, sulla carta), specie quando si opera in una zona non ancora familiare.
Passiamo, ora, al vero e proprio lavoro di interpretazione. Cominciamo con l'individuare i principali centri d'azione (punti 3 e 4  sulla carta), ovvero le zone di alta e bassa pressione, specie quelli prossimi all'area geografica di nostro interesse.
Nella carta in esame, il centro d'azione più importante è rappresentato dal profondo minimo depressionario centrato tra Islanda e Isole Britanniche. Lo definiamo "profondo" poiché il minimo valore al suo centro (963 hPa) è un valore molto basso e le isobare al suo intorno sono molto ravvicinate.

 

 

Tra le figure bariche caratteristiche della presente analisi, va incluso obbligatoriamente l'anticiclone posto a ovest della Spagna, in pieno Atlantico. Si tratta, infatti, del famoso anticiclone delle Azzorre, che estende il suo manto protettivo sull'Iberia e sull'Africa nord-occidentale.

 

 

Tocca ora passare all'individuazione dei fronti disegnati sulla cartina. In particolare, converrà volgere la propria attenzione verso quei sistemi che sembrano approssimarsi all'area geografica sotto esame. Nel nostro caso, possiamo constatare la presenza di un vasto sistema frontale centrato sul minimo depressionario posto a nord-est delle Isole Britanniche (1). Un esteso fronte freddo (2) è ormai alle porte dell'arco alpino occidentale. Un fronte caldo (3), invece, tende ad allontanarsi verso est. Al seguito del fronte freddo, affluisce aria fredda. Il movimento del fronte freddo è indicato dal lato verso cui sono rivolti i vertici dei triangolini. Un aspetto interessante del sopraggiungere di aria fredda, è segnalato dalla curvatura delle isobare in prossimità del fronte. Si nota che, infatti, subito dopo il passaggio del fronte, la pressione tende temporaneamente ad aumentare formando un promontorio mobile (evidenziato con tratteggio verde, sulla carta). Un osservatore di Lione (Francia), armato del suo barometro potrebbe verificare subito il passaggio del fronte prendendo nota del rapido aumento della pressione (oltre che della netta diminuzione della temperatura dell'aria).

 

 

Bene. Vedete voi stessi che adesso la carta di analisi ci appare molto più familiare, in quanto conosciamo la posizione dei principali sistemi barici, l'andamento delle isobare, la dislocazione dei fronti con il tipo di aria che sta per affluire verso la penisola italiana. Ma quali altre considerazioni possono arricchire la nostra conoscenza del tempo in atto ? Mentre sarà compito del corso avanzato definire in profondità ulteriori concetti prognostici, possiamo tuttavia da subito cogliere ancora qualche altro elemento di "base".

 

Possiamo, ad esempio, fare una valutazione di massima, ossia qualitativa, sia sul verso di circolazione delle masse d'aria, sia sulle zone dove il vento soffia più intensamente. Per far ciò, ci faremo aiutare dalle nozioni generali sul movimento dell'aria intorno ai centri barici e dal concetto di gradiente barico, ovvero osservando quelle aree in cui le isobare si presentano più o meno ravvicinate.
Ricordando che, nell'emisfero boreale, l'aria circola in senso orario intorno alle alte pressioni, e in senso antiorario intorno alla basse pressioni, possiamo facilmente disegnare delle frecce indicanti, in grande, il movimento dell'aria intorno ai centri barici. Nella cartina, in rosso è indicato il flusso ciclonico, in blu quello anticiclonico. Da queste semplici indicazioni, possiamo trarre la conclusione che sulla penisola italiana, con l'ingresso dell'aria fredda, il vento tenderà a ruotare da nord-ovest.

 

 

In quali aree il vento soffierà più intensamente ? Avendo presente che l'intensità del vento è in relazione al gradiente barico, punteremo la nostra attenzione su quelle zone in cui le isobare si presentano particolarmente ravvicinate. Nella carta in questione, tale situazione si trova associata particolarmente al minimo depressionario posto a nord-est della Gran Bretagna. Tutt'intorno al centro di bassa pressione, i venti saranno intensi e in rapida rotazione dopo il passaggio del minimo stesso. Ipotizzando un movimento del minimo verso la Scozia, potremo facilmente prevedere che il vento, proveniente da sud-ovest, tenderà prima a disporsi da ovest per poi ad assumere una decisa direzione da nord-ovest. L'allontanamento definitivo della depressione sarà evidenziato da un'attenuazione della velocità del vento (già manifestato dall'allascamento delle isobare nella parte occidentale del minimo).
Bene. Per ora fermiamoci qui, non nascondendo, però, che si potrebbero fare ulteriori osservazioni . Nel Corso avanzato (di prossima pubblicazione), in effetti, approfondiremo le nostre conoscenze, specie in relazione alla fase di previsione. Prima di chiudere, è bene ribadire che la carta d'analisi non può fornire da sola un'idea precisa del tempo in atto e della sua futura evoluzione. Di fatto, ci si avvicina al vero soltanto esaminando le molteplici informazioni a disposizione, consapevoli che ciascuna di esse aggiunge una tessera al mosaico che mentalmente il previsore cercherà di ricostruire.

 


 

L'AO - Artic Oscilation

 

La AO è un modello esplicativo di variazione (non-stagionale) della pressione al livello del mare nell'emisfero boreale definito dalla contrazione e dall'espansione (verso Sud) del Vortice Polare (la depressione che nel nostro emisfero staziona costantemente al di sopra dei 50° di latitudine e che, nel periodo invernale, si "allunga" verso S in due profonde depressioni, la Depressione d'Islanda e la Depressione delle Aleutine). E' strettamente correlata con l'indice NAO che può essere considerata il "ramo atlantico" dell'AO.
Durante la "fase positiva" la pressione al livello del mare sull'Artico è relativamente più bassa (il che si traduce in un Vp più intenso e profondo) mentre c'è un'anomalia positiva tra i 37° e i 45° di latitudine N. Forti venti occidentali soffiano sull'Atlantico settentrionale trasportando aria relativamente calda ed umida alle alte latitudini (Alaska, Scandinavia). Le conseguenze dirette sul nostro continente sono un clima umido e relativamente caldo sull'Europa settentrionale e un clima secco sul Mediterraneo.
Durante la fase negativa, la pressione sull'Artico ha un'anomalia positiva. I venti occidentali (westerlies) tendono a soffiare, meno intensi, a latitudini più basse. Il clima è, quindi, secco e freddo sul Nord Europa, e umido e relativamente caldo sul Mediterraneo.

 

 

Nella prima figura fase positiva, nella seconda fase negativa.
Quanto siano importanti gli effetti dalla AO sulla stagione invernale credono siano sotto gli occhi di tutti.
questo schema rende bene l'idea nella prima figura si vedono gli effetti di una fase positiva che per noi vogliono dire cieli sereni temperature sopra media e scarsità di precipitazioni relegando il freddo a latitudini più alte.
mentre nella seconda figura si vedano gli effetti di una fase negativa che è quella che per noi migliore dove gli impulsi freddi scendano più di latitudine e il tempo assume connotati più perturbati e quindi più precipitazioni.

 


 

L'atmosfera terrestre

 

 

La troposfera
La troposfera è la fascia dell'atmosfera a diretto contatto con la superficie terrestre ed ha uno spessore variabile a seconda della latitudine: ai poli è spessa solamente 8 chilometri mentre raggiunge i 20 chilometri all'equatore.
In essa sono concentrati i tre quarti dell'intera massa gassosa e quasi tutto il vapore acqueo dell'atmosfera. È lo strato dove avvengono la maggior parte dei fenomeni di carattere meteorologico, causati dalla circolazione delle masse d'aria e che danno vita ai venti, alle nuvole ed alle precipitazioni atmosferiche.
La troposfera è scaldata principalmente dalla terra. Ne deriva che la temperatura diminuisce con l'altitudine, e varia da 15°C a -70°C, con un gradiente termico verticale medio di 6,5°/1000m. Ad un certo punto la temperatura si stabilizza a -55°C circa: è la tropopausa, la zona di transizione fra troposfera e stratosfera. La maggior parte degli inquinanti atmosferici emessi rimane confinata nella troposfera, alcuni concentrati vicino alla superficie terrestre, altri come O3, CO2, CH4, sono distribuiti in modo più uniforme.
La troposfera è il luogo della vita: tutte le piante e tutti gli esseri umani vivono in essa, utilizzando alcuni dei gas che la costituiscono.

- La stratosfera
La stratosfera è il secondo dei cinque strati in cui è stata suddivisa l'atmosfera (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera e esosfera). Essa si trova al di sopra della tropopausa.
La stratosfera è caratterizzata da un gradiente termico verticale positivo e molto piccolo, cioè in essa la temperatura aumenta leggermente con la quota, contrariamente a quanto avviene nello strato sottostante. Questo aumento di temperatura con la quota è dovuto alla dissociazione delle molecole di ozono presenti nella stratosfera. L'ozono è un gas le cui molecole sono formate da tre atomi di ossigeno: quando i raggi ultravioletti emessi dal Sole vanno ad urtare contro le molecole di ozono, queste si dissolvono, ovvero i tre atomi che le compongono si dividono. Il processo ha due effetti: la produzione di calore, tanto più grande quanto maggiori sono le dissociazioni, e l'arresto dei raggi ultravioletti che sono dannosi per la vita. L'emanazione di calore in seguito alla dissociazione dell'ozono ha effetto di riscaldare l'atmosfera circostante, per cui nella stratosfera la temperatura aumenta con la quota. La stratosfera inizia intorno ai 12 km (8 km ai poli e 20 km all'equatore) e termina ad un'altitudine di circa 50 km. Al di sopra di essa troviamo la stratopausa che, a differenza della tropopausa, non ha dimensioni verticali, neppure limitate; è una zona di transizione che divide l'atmosfera dallo strato immediatamente superiore, la mesosfera.

- La mesosfera
La mesosfera è il terzo dei cinque strati in cui è suddivisa l’atmosfera, ed è compresa tra la stratosfera e la termosfera. Va dai 50 agli 80km di quota. Essa è caratterizzata da una accentuata rarefazione degli elementi gassosi e da un graduale aumento di quelli più leggeri a scapito di quelli più pesanti. In questa parte dell'atmosfera la temperatura riprende a diminuire con l'altezza e raggiunge il valore minimo, variabile tra i -70 ed i -90 °C, intorno agli 80 km; a questa quota si possono osservare a volte le nubi nottilucenti, costituite probabilmente di cristalli di ghiaccio e minutissime polveri: esse sono visibili durante l'estate, al crepuscolo e si presentano come nubi sottili e brillanti, intensamente illuminate dagli ultimi raggi del Sole. L'osservazione di queste nubi mostra che nell'alta mesosfera esiste un complesso sistema di correnti aeree, ad andamento variabile, che dovrebbero raggiungere velocità fino a 300 km/h. Connesse a questi moti sono le variazioni di altezza della mesopausa, come avviene anche nella tropopausa e nella stratopausa.

- La termosfera
La termosfera è il quarto di cinque strati dell'atmosfera terrestre. È compresa tra la mesosfera e l'esosfera, e va dagli 80km ai 200km circa di quota. Questa regione dell'atmosfera è caratterizzata da un continuo aumento della temperatura con l'altezza:secondo dati e calcoli teorici recenti tra i 110 ei 120Km essa dovrebbe essere gia' risalita a 0°C, a 150Km si aggirerebbe intorno ad alcune centinaia di gradi sopra lo zero ed al limite superiore, in prossimita' della termopausa, supererebbe il migliaio di gradi. Tuttavia questi dati si riferiscono alla temperatura cinetica delle particelle, che le fa viaggiare a una velocità di poco inferiore alla velocità di fuga. Nella termosfera si trova la ionosfera, lo strato dell'atmosfera terrestre che riflette le onde radio, in particolare gli strati D,E,F1 e F2 sono in grado di riflettere le onde radio lunghe, medie, corte e cortissime. Grazie a questo strato atmosferico è possibile che le trasmissioni radio possano essere trasmesse in più punti della superficie terrestre mentre per le trasmissioni televisive, per esempio, occorrono dei satelliti che ritrasmettono il segnale televisivo nel punto desiderato della superficie terrestre.

- L'Esosfera
L'Esosfera è lo strato più esterno dell'atmosfera, caratterizzata da una temperatura cinetica superiore ai 2000°C. Le particelle gassose che raggiungono e superano la velocità di fuga (11,2 km/s) non partecipano più alla rotazione terrestre e si disperdono nello spazio. In genere sono gli elementi più leggeri (idrogeno e elio) quelli che lasciano più frequentemente la nostra atmosfera. L'atmosfera terrestre termina quando la densità dei suoi gas è uguale a quella dello spazio interstellare e si identifica con la frangia atmosferica che si trova a circa 2000-2500 km sopra la superficie terrestre. Qui le particelle gassose non sono più attratte dalla gravità terrestre e non partecipano più alla rotazione del pianeta. La temperatura di centinaia di gradi a grandi altezze non indica un caldo enorme, è solo la temperatura cinetica.

 


 

Come si leggono le cartine meteorologiche

 

Definiamo subito i modelli. I modelli Meteorologici, non sono altro che una serie di calcoli scientifici e orografici, algoritmici ed equazioni i quali vengono graficati, ovvero vengono espressi sotto forma di "disegno". Questi modelli si dividono in GM ( Global Model ) è sono i modelli tipo ECMWF, GFS, UKMO ecc.. ed hanno una griglia di risoluzione molto grande, che varia dai 250 Km x 250Km a 50Km x 50Km. La griglia definisce la risoluzione del modello e ne definisce quindi la precisione. I vari modelli GM differiscono tra loro per il tipo di dati, equazioni utilizzate ed orografia, ovvero la risoluzione geografica che ha del territorio in esame. La stessa cosa vale per il LAM ( Limated Area Model ) i quali non sono altro che modelli meteorologici per aree limitate, i quali hanno formule molto piu' pricise per un determinato territorio, in oltre hanno un griglia risolutiva molto precisa, addirittura 1Km x 1Km, in alcuni casi anche meno.
Solitamente la griglia, ovvero l'area di risoluzione del modello, viene espresso in gradi, poichè vengono presi in considerazione i meridiani ed i paralleli della terra.

 

 

In questa carta vengono rappresentate le temperature ( linee grige) a 500hPa, piu' o meno 5500 metri.
I "colori" sono i geopotenziali espressi in DAM. La Scala DAM è una scala che rappresenta la pressione a 5500metri e viene espressa al centesimo, essa non è altro che una semplificazione dell'hPa (ettoPascal). Ad esempio se prendiamo la 552DAM, la quale viene presa come punto di riferimento nella scala principale corrispondera' a 5520hPa.
Le linee bianche, rappresentano la pressione al suolo e vengono definite isobare cioè punti con la  stessa pressione. Questa cartina è a risoluzione Europea, quindi le isobare mantengono una scala di 5Hpa, per evitare problemi di sovrapposizione.
Leggere le carte a 500 hPa:
Uno fra i parametri piu' famosi e piu' usati dai meteorologi per fare le previsioni sono sicuramente le carte della pressione e dei geopotenziali alla quota di 500hpa. Non è un caso che tutti i principali centri di calcolo europei e non ( UKMO,NGP,GFS,ECMWF ecc... ) mostrino anche questo tipo di analisi. E' uno dei parametri piu' usati anche perchè permette di avere una visione della situazione barica e circolatoria sia al suolo che in quota contemporaneamente.
Prendendo nello specifico una carta a 500hpa di GFS, possiamo notare appunto :
La situazione pressoria al suolo: espressa in HPa (HettoPascal) e delimitata dalle isobare, ovvero le linee bianche dove troviamo scritti i valori pressori. Troviamo un'isobara ogni 5hpa di scarto; i minimi ed i massimi di pressione al suolo sono anche delimitati rispettivamente dalla lettera T e dalla lettera H.
La situazione pressoria alla quota di 500hpa: infatti pur non essendo espressi i valori di pressione esatti in mb o in hpa, si puossono dedurre le zone dove la pressione è piu' alta e quelle dove la pressione è piu' bassa osservando i cosidetti " Geopotenziali ", ovvero i colori che vediamo sulla carta in esame. Colori tendenti all'arancione-rosso scuro indicano zone dove la pressione a 500hpa è alta, colori tendenti al blu scuro e viola indicano zone dove la pressione a 500hpa è bassa.
La quota nella quale si trovano i "500hpa" in una determinata area: si puo' dedurre dalla didascalia a destra, dove infatti troviamo una serie di numeri in ordine decresente dall'alto verso il basso ( 600-476 ) a cui corrisponde anche un colore (un geopotenziale) . Nell'area dove è presente quel determinato valore di geopotenziale, la quota di 500hpa si trovera' al valore indicato. Precisamente, bisogna moltiplicare per 10 i numeri della scala a destra per avere la quota in metri a cui è localizzato 500hpa. Per esempio, nella parte evidenziata in rosso della "legenda" nell'immagine seguente, troviamo un valore di geopotenziale dove 500hpa corrispondono a 5000metri ( 500x10 ).
La direzione delle correnti al suolo ed in quota: la direzione delle correnti al suolo si puo' ottenere seguendo le isobare e ricordando che i venti nell'emisfero nord ruotano in senso antiorario attorno alle depressioni e in senso orario attorno alle alte pressioni. Le correnti alla in quota ( 500hpa ) si possono localizzare semplicemente considerando i minimi ed i massimi di geopotenziali come minimi/massimi di pressione con le isobare. Qui sotto sono evidenziate le correnti al suolo e a 500hpa.
A grandi linee gran parte di questi parametri sono presenti anche nelle carte a 500hpa degli altri modelli (non solo GFS), è da specificare pero' che il modello americano GFS presenta anche le temperature a 500hpa opportunatamente indicate con tratteggi grigi e con il valore della temperatura.

Carta a 850hPa

 

 

In questa carta, vengono riportate le temperature a 850hPa, circa 1496 metri. Le linee nere, ti aiutano nella visione delle temperature, ma ovviamente essendo un modello a scala ampia, non sono precise, un po' come tutte le varia carte ( le carte vengono definiti anche plot grafici ).
Le linee bianche rappresentano la pressione a quella determinata quota, e viene preso come punto di riferimento, per l'appunto 149DAM. La questione è la stessa dei 552DAM.


Carta delle precipitazioni

 

 

Questa carta, rappresenta le precipitazioni con la scala affianco. Piu' il colore si fa scuro e piu' le rpecipitazioni sono intense. Le precipitazioni sono espresse in mm. I puntini arancioni, rappresentano le rpecipitazioni convettive, ovvero dovute per lo piu' a contrasti di masse d'aria diverse a temeprature diverse ( detto in parole povere )


Carta dei venti.

 

 

La speigazione vale per tutte le carte dei venti a tutte le quote. A fianco trovi una scala che viene espressa in nodi ( kt in tedesco ) ma la velocita' puo' anche essere espressa in Km/h o m/s. La scala va da 0 colore blu, a viola, ovvero vento molto forte. Come gia' ho detto, le carte che spiego, valgono per tutti i modelli, solo che cambiano i colori o la risoluzione.
Le freccie bianche, rappresentano la direzione del vento e l'intensita' a seconda delle "lineette" orizzontali che possiede.



Carta Cape e Lifted Index

 

 

Questa carta rappresenta i CAPE, ovvero i Joule ( J) su chilogrammo ( Kg ) il quale esprime un'energia. Essa ci permette di capire, a secondo dell suo numero, dove potranno esserci fenomeni forti, violenti , temporali o grandine.


Carta delle correnti a getto

 

 

le correnti a getto, non sono altro che i venti a 200hPa, 300hPa e 500hPa, ovvero, partendo dall'ultimo, 5500metri circa, 10000metri circa e 15000metri circa. Si leggono come i venti, solo che al posto delle frecce, abbiamo queste linee continua, accompagnate da delle piccole freccette che indicano la direzione.


 

Circolazione dell'atmosfera

 

La circolazione generale dell'atmosfera L'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell'orbita apparente che il Sole compie intorno alla Terra in un anno, fa sì che le zone equatoriali ricevano durante l'anno una quantità di calore dal Sole superiore a quella riemessa verso lo spazio.
Al contrario ai Poli il bilancio tra calore ricevuto e calore perso è negativo. Sulla base di queste indicazioni, si potrebbe arrivare a concludere che la temperatura media all'Equatore è in continuo aumento, mentre ai Poli è in graduale diminuzione. Invece tutto ciò non accade: la temperatura media all'Equatore o ai Poli non presenta una netta tendenza all'aumento o al calo. Questo significa che deve esistere un metodo per ridistribuire il calore che la Terra riceve dal Sole.
Gli oceani e l'atmosfera sono i due mezzi tramite i quali il calore viene trasportato dalle zone equatoriali a quelle polari.
Il primo modello che cercò di spiegare come avviene tale trasporto è noto come circolazione di Hadley, dal nome del fisico che per primo lo introdusse nel 1735. In tale modello si fa l'ipotesi di poter trascurare la rotazione terrestre, che comporta in realtà sostanziali variazioni al modello di Hadley.
Il calore assorbito dalla Terra intorno all'Equatore scalda le masse d'aria soprastanti, le quali, dilatandosi, diventano meno dense, più leggere e salgono verso le alte quote della troposfera. Questa risalita d'aria genera alle basse quote una zona di bassa pressione, mentre in quota l'apporto di aria dagli strati sottostanti crea una zona di alta pressione.
Ai Poli invece il bilancio termico negativo genera un raffreddamento dell'aria che, più densa, si porta dagli strati superiori, dove si crea una zona di bassa pressione, verso il suolo, dove al contrario si genera un'alta pressione. Quindi al suolo masse d'aria fredda vengono spinte dall'alta pressione polare verso la bassa pressione equatoriale, mentre in quota aria calda viene spinta dalle alte pressioni equatoriali verso le basse pressioni polari. Questo modello teorico è sì in grado di spiegare la ridistribuzione del calore, ma non rispecchia ciò che accade nella realtà, dove non si osserva una circolazione delle masse d'aria tra i Poli e l'Equatore lungo i meridiani, come descritto. La rotazione terrestre ha infatti l'effetto di deviare verso destra le masse d'aria in movimento nell'Emisfero Boreale e verso sinistra quelle nell'Emisfero Australe (in fisica questa spinta verso destra o sinistra prende il nome di forza di Coriolis).
La deviazione delle masse d'aria dà all'atmosfera terrestre una dinamica differente da quella prevista da Hadley, dinamica che va sotto il nome di circolazione generale dell'atmosfera. Così le masse d'aria, dopo essere salite in quota all'Equatore, non riescono ad arrivare fino ai Poli: intorno ai 30° di latitudine riscendono verso il suolo, dando origine a una fascia di alte pressioni subtropicali, in corrispondenza delle quali si trovano i deserti più estesi del pianeta. Intorno ai 60° gradi di latitudine si trova invece una fascia di basse pressioni, dove l'aria sale fino alle quote superiori, per poi raggiungere i Poli.
A questa fascia di basse pressioni appartiene ad esempio il Ciclone d'Islanda, che è tra i principali responsabili delle condizioni meteorologiche sull'Europa. Questo modello, che rispetto al quello di Hadley trova effettivamente riscontro nelle osservazioni, non va però inteso come immobile: quella descritta è solo una situazione media. Non è infatti raro che il Ciclone d'Islanda si spinga con profonde saccature fino alle latitudini del Mediterraneo o che l'Anticiclone delle Azzorre raggiunga le isole britanniche.
L' atmosfera non è altro che l'ivolucro gassoso che ricopre la Terra e si estende in altezza per centinaia di chilometri e rappresenta una protezione al nostro pianeta moderandone la temperatura e schermando le radiazioni e le particelle dannose provenienti dallo spazio esterno.
La densità dell'aria che costituisce l'atmosfera non è uniforme, ma diviene sempre meno densa quanto più si sale in quota. Il 99% dell'aria è compresa nelle quote inferiori ai 32 Km, mentre solo il rimanente 1% è distribuito nelle centinaia di chilometri della fascia superiore.
In uno schema semplificato essa può essere suddivisa in cinque strati: troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera.
La Troposfera è lo strato d'aria in cui viviamo. Il termine " Troposfera " significa "sfera della turbolenza", poiché i principali fenomeni meteorologici e tutte le tempeste grandi e modeste avvengono in questo strato. In essa la temperatura diminuisce regolarmente con l'altezza secondo un gradiente termico che in media vale 0,6 °C ogni 100 m di ascesa. Il motivo di questa diminuzione è dato dal fatto che l'aria è sostanzialmente trasparente alla radiazione solare visibile e non viene riscaldata dall'alto direttamente dai raggi solari, ma dal basso, grazie al calore emesso dal suolo e dalle acque superficiali riscaldati a loro volta dal Sole. La distribuzione verso l'alto del calore avviene ad opera di correnti convettive: l'aria calda si solleva lasciando il posto a quella fredda che tende a spostarsi verso il basso.
Il cielo della troposfera appare blu perché l'aria e le particelle di polvere che vi si trovano diffondono la luce bianca del Sole in maniera da deviare verso la nostra linea visiva le radiazioni azzurre. Il ciclo blu, però, non si estende in profondità nello spazio, ma costituisce, insieme alle nuvole, un fenomeno che si produce solo nella troposfera.
Nella porzione più alta di questo strato si muovono, ad elevate velocità, venti che prendono nome di "correnti a getto".
L'altezza della troposfera varia da 16 Km all'equatore a poco più di 8 Km ai poli; nelle latitudini intermedie si aggira sugli 11-12 Km. Al limite superiore della troposfera, definita con il termine di tropopausa, la temperatura, che raggiunge i 60 °C sotto lo zero, cessa improvvisamente di scendere con l ' aumentare dell'altitudine, qui ha inizio la stratosfera.
La stratosfera si estende fino ad una quota di circa 50 Km sul livello del mare. In essa l'aria è pressoché priva di umidità e senza nubi; i venti diminuiscono con l'aumentare dell'altitudine e non vi sono correnti ascendenti e discendenti o tempeste. La temperatura si mantiene intorno ai -60 °C fino ad una altezza di 22-23 Km, qui comincia ad aumentare giungendo a 0 °C alla quota di 50 Km che delimita la parte superiore della Stratosfera e che prende il nome di Stratopausa. Nella stratosfera, ad una altezza di 35 Km, c'è una molecola particolare dell'ossigeno, l'ozono (l'ossigeno presente nell'aria che respiriamo ha una molecola costituita da due atomi, O2 , mentre quello dell'ozono ne presenta 3, O3). La fascia di ozono assorbe la maggior parte della radiazione ultravioletta proveniente dal Sole; in seguito a ciò essa si riscalda, riscaldando a sua volta la parte di atmosfera più vicina. L'ozono protegge, perciò, gli organismi viventi dell'azione letale che avrebbero queste radiazioni se riuscissero a raggiungere indisturbate la superficie terrestre. Una parte, però, vi giunge ugualmente e ad essa si deve l'abbronzatura della pelle, la prevenzione del rachitismo e l'uccisione dei batteri.
La mesosfera (sfera intermedia) si estende dalla stratopausa fino a circa 80 Km. In essa la temperatura diminuisce con l'altezza fino a toccare valori bassissimi di circa 90° sotto zero a livello della mesopausa, quindi la termosfera.
La fascia superiore della mesosfera, la Termosfera (sfera del calore) si estende da 80 a circa 570 Km sul livello del mare. Essa è così chiamata perché la temperatura vi aumenta rapidamente con l'altezza e al di sopra di 200 Km subisce ampie variazioni in rapporto all'attività solare, passando da valori di circa 60 °C, quando il Sole è in quiete, a valori oltre tre volte superiori nei periodi di massima attività solare, toccando anche i 2000 °C.
Nella termosfera vi è uno strato, la cui posizione cambia, spostandosi più in alto o più in basso sotto l'effetto del Sole, detto ionosfera (sfera elettricamente carica). In essa le molecole dell'aria assorbono i raggi X ed i raggi ultravioletti provenienti dal Sole caricandosi elettricamente, ossia diventano ioni. La ionosfera è importante nelle comunicazioni radio perché i suoi ioni riflettono verso la terra le onde radio consentendo loro di viaggiarvi intorno. Gli spettacoli delle aurore boreali ed australi hanno origine nella ionosfera: in essa le particelle cariche emesse dal suolo colpiscono gli atomi e le molecole della ionosfera facendoli diventare luminosi.
Nella termosfera l'aria è estremamente rarefatta, circa 10 milioni di volte più rarefatta di quella al livello del mare, ma nonostante ciò offre un attrito sufficiente a polverizzare la maggior parte dei meteoroidi che vi entrano, facendo da schermo di protezione alla terra.
L 'esosfera comincia ai limiti della termosfera e si estende per migliaia di chilometri, sfumando via via. L'aria è così rarefatta che le molecole possono percorrere enormi distanze senza urtarsi fra loroL' atmosfera non è altro che l'ivolucro gassoso che ricopre la Terra e si estende in altezza per centinaia di chilometri, sfumando nello spazio, e rappresenta una cortina che protegge il nostro pianeta moderandone la temperatura e schermando le radiazioni e le particelle dannose provenienti dallo spazio esterno.
La densità dell'aria che costituisce l'atmosfera non è uniforme, ma diviene sempre meno densa quanto più si sale in quota. Il 99% dell'aria è compresa nelle quote inferiori ai 32 Km, mentre solo il rimanente 1% è distribuito nelle centinaia di chilometri della fascia superiore. Nell'intento di mettere in rilievo le differenze di temperatura, composizione chimica, pressione ed altre proprietà, tipiche delle diverse quote, l'atmosfera viene suddivisa in vari strati sovrapposti. In uno schema semplificato essa può essere suddivisa in cinque strati: troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera.

 

 


 

Il clima italiano - i microclimi- le regioni meridionali

 

Sotto il profilo bioclimatologico, il clima delle Regioni meridionali è l'esatto opposto del clima che si osserva nella zona alpina. Mentre sulle Alpi l'estate è quasi sempre fresca ed instabile, con frequenti manifestazioni temporalesche, al Sud dell'Italia, al contrario, questa stagione evidenzia un minimo assoluto di precipitazioni, con temperature piuttosto elevate e scarsa ventilazione nell'entroterra, mentre sulle fasce costiere si sviluppano persistenti circolazioni di brezza, molto apprezzate per la loro qualità di abbassare notevolmente gli indici di disagio bioclimatico per caldo umido. Un esempio di quanto i climi d'Italia possono essere contrastanti.
Per il Sud dell'Italia, specie Calabria, siamo di fronte ad un regime climatico fortemente influenzato dal Mar Mediterraneo. La stagione invernale si rivela molto umida e piovosa per via delle frequenti depressioni mediterranee che si formano in loco, oppure vi transitano dopo essersi originate sul Mediterraneo occidentale. Molto frequenti, sempre in inverno, sono le irruzioni di masse d'aria di origine artica o continentali che provocano notevoli nevicate lungo tutto lo spartiacque appenninico. Per spiegare al meglio questa tipologia climatica occorre tuttavia fare subito una prima distinzione: da un lato le fasce costiere ove il regime termico, anche in inverno, è piuttosto gradevole con temperature quasi mai sotto laa soglia degli 0 gradi, mentre sui crinali Appenninici si hanno condizioni bioclimatiche per molti versi antitetiche, con inverni spesso piuttosto freddi, soprattutto quando si verificano irruzioni di masse d'aria di origine polare. Altra piccola differenza da appuntare: il basso versante Adriatico (Molise, Puglia) non si discosta dalla regola generale che vede tutto il versante Adriatico sostanzialmente più freddo di quello tirrenico, per le ragioni già esposte in precedenza. Le stagioni intermedie sono da considerarsi le migliori sotto il punto di vista bioclimatico; la primavera, relativamente piovosa nella sua prima parte, riduce considerevolmente il carico di piogge man mano che si avvia verso l'estate. L'autunno conserva i caratteri dell'estate nel suo primo segmento, per aumentare la frequenza delle piogge, specie nel mese di novembre; questa stagione evidenzia la maggiore frequenza di temporali (da cui si origina una importante sindrome meteoropatica). Tutto il sistema climatico delle Regioni meridionali gira intorno alla struttura appenninica, molto importante come centro di notevole piovosità, con aree molto estese di pioggia sull'Appennino calabro-lucano. Infine, precipitazioni piuttosto scarse su Molise, Puglia e Lucania jonica, eccettuati i crinali appenninici. Di particolare impotanza è il profilo orografico che è poco significativo su gran parte di queste porzioni di Regioni.
Una considerazione finale: il mare influisce su tutto il perimetro del Sud-Italia ma nulla può nei confronti dei sistemi montuosi. I profili termici del sistema appenninico, certamente non rapportabili ai valori registrati sulle Alpi, vengono influenzati quasi esclusivamente dal fattore latitudinale, mentre la distesa marittima non fa sentire il suo influsso oltre i 600 metri sulla verticale in accordo con le circolazioni di brezza che si spingono sulla vertcale non oltre i 550 mt di altezza (venti efficaci e caratteristici per tutti i settori influenzati dal clima marino) non si addentrano per più di 20/30 Km nell'entroterra (profilo orizzontale), in assenza di valida orografia.


 

Le correnti a getto o JET STREAM

 

Il Jet Stream o Corrente a Getto raggiunge la massima intensità laddove ci sono maggiori differenze di temperatura in quota.
D'inverno può essere un buon indicatore per vedere la posizione del lato meridionale del Vortice Polare, ovviamente in alta quota. Individuare sull'Europa le regioni con maggior maltempo per il passaggio di perturbazioni dell'Atlantico.
Il Jet Stream ha un importante ruolo nella termoregolazione dell'atmosfera terrestre, in quanto si genera per le differenze di temperatura e per effetto degli scambi d'aria fra i vari settori dell'Emisfero. E' una corrente che trasporta masse d'aria a forte velocità.
Il Jet Stream soffia da ovest ad est perché deviato dalla rotazione terrestre (forza di Coriolis, teoria del fisico francese Gaspard-Gustave Coriolis). Altre forze ondulano il flusso che veduto in mappe emisferiche appare salire verso nord e poi scendere acuto verso sud.
La distanza dal suolo del Jet Stream è differente a seconda della latitudine, in quanto è attivo al confine della Troposfera e appena sotto la Stratosfera.
Il Jet Stream tropicale (circa 25/30°) è una forza generata dalla Cella di Hadley che staziona alle latitudini tropicali. La Corrente a getto tropicale è posta a nord della Cella di Hadley.
Il Jet Stream polare, più spesso e intenso di quello tropicale, soffia ai bordi delle masse d'aria fredde polari ed esattamente in una regione dove a quote inferiori si manifestano condizioni atmosferiche di frequente forte maltempo dovuto al marcato contrasto di differenti masse d'aria.
La Corrente a Getto polare soffia nel settore settentrionale della Cella di Ferrel e si interpone alla Cella Polare.
In modo grossolano, ma spero comprensibile, possiamo definire tali Celle come sistemi convettivi, o meglio giganteschi settori dell'atmosfera terrestre posti nella Troposfera, quindi tra suolo e circa 12.000 metri per le medie latitudini. Ma si possono presentare variazione di altezza del getto per effetto della pressione atmosferica e diversi altri fattori, tra cui la temperatura dell'aria.
Nella Cella di Hadley l'aria calda equatoriale sale (ascensionale o convettiva) in corrispondenza dell'Equatore e viene travasata verso il suolo con moti discendenti nella regione dei Tropici.
Nel frattempo, nella Cella di Ferrel, l'aria discendente risale con moti ascensionali al confine delle medie latitudini.
Tra le due celle si realizza la Corrente a Getto subtropicale.
Il settore settentrionale della Cella di Ferrel, come descritto, vede un sollevamento di masse d'aria, ovvero moti convettivi. Il settore settentrionale della Cella viene alimentato da aria fredda polare e dal suo contrasto si formano nubi e precipitazioni.
La Cella Polare è una settore dell'atmosfera molto settentrionale (nostro) dell'Emisfero, che va dal Polo Nord a circa 60° di latitudine. Anche in questa zone abbiamo un moto antiorario della circolazione atmosferica. Al confine della Cella di Ferrel e quella Polare si forma in quota la Corrente a Getto.
Nel corso di una stagione, le varie Celle variano di dimensioni e posizione, fanno fluttuare di latitudine il Jet Stream.
Come si è detto, la Corrente a Getto polare si sviluppa per il contrasto di masse d'aria polare con quella sub tropicale.
Dalla posizione del Jet Stream possiamo individuare la forma assunta dalle Celle appena descritte e approssimare una linea di tendenza climatica.
Non si vuole togliere importanza al Jet Stream, ma evidenziare con brevità, la distribuzione e l'evoluzione di Cella di Hadley, Ferrel e Polare, al fine di studiare la topografia a quote bariche inferiori e quindi comprendere le sorti del tempo atmosferico.

 

 


 

Formazione e sviluppo di una depressione atlantica

 

Il fronte polare atlantico, ossia la parte atlantica del fronte che alle latitudini intermedie separa l'aria polare da quella tropicale, ci interessa in modo particolare poiché dalla sua stazionarietà o mobilità dipendono le condizioni del tempo sull'Europa.
In condizioni di equilibrio, questo fronte è stazionario e si presenta senza profonde ondulazioni. Facciamo ora l'ipotesi che per una causa qualsiasi si formi, in una zona del fronte considerato, una ondulazione piuttosto marcata e che questa si metta in cammino verso est. Ebbene, da un fronte stazionario siamo passati a un fronte instabile cui è associata una perturbazione che raggiungerà l'Europa ad una velocità di 20-30 miglia orarie.
Il fronte anteriore dell'onda è il fronte caldo, quello posteriore è il fronte freddo, mentre l'aria compresa fra i due fronti costituisce il settore caldo del sistema. Il fronte freddo avanza più rapidamente di quello caldo e tende a raggiungerlo; il settore caldo si restringe gradualmente e scompare, quando i due fronti si sovrappongono dando luogo al fronte occluso (ultima fase di perturbazione). Nel punto in cui l'onda immaginaria forma la cresta, la pressione si abbassa notevolmente perché qui l'aria temperata, più calda, tende a sfuggire verso gli strati superiori. Tale punto diviene quindi il centro di una zona depressionaria e verso il quale le masse d'aria tendono a dirigersi deviando verso la propria destra.
Cioè comporta l'insorgere di un enorme vortice ciclonico, cioè di una intensa circolazione d'aria in senso antiorario. La perturbazione atmosferica cosi determinatasi viene definita depressione o ciclone extra tropicale per distinguerla da analoghe perturbazioni che si sviluppano nella faccia tropicale. Queste ultime sono genericamente indicate come cicloni tropicali, ma assumono la denominazione di uragani se hanno origine nel nord Atlantico occidentale, nel nord Pacifico orientale e nel Pacifico meridionale, di tifoni se hanno origine nel nord Pacifico occidentale, di cicloni se hanno origine nell'Oceano Indiano, nel golfo del Bengala e nel golfo Arabico.
Misurando la pressione nei diversi punti della depressione, si evidenza una configurazione barica del tipo a isobare chiuse, con valori decrescenti verso il centro. Quanto più le isobare sono ravvicinate (elevato valore del gradiente barico) e quanto più è alta la differenza di pressione fra la periferia e il centro della zona depressionaria, tanto più la perturbazione assume caratteri di viole

 

 

formazione di un fronte

 


 

IL DOWNBURST

 

Il downdraft è una colonna d'aria fredda a piccola scala che scende rapidamente dal cumulonembo verso il suolo e che di solito è accompagnata da rovesci temporaleschi. Il downburst altro non è che un forte downdraft, ovvero una colonna d'aria in rapida discesa che però incontra la superficie del suolo più o meno perpendicolarmente e che si espande orizzontalmente (divergenza) in tutte le direzioni. La violenta espansione, paragonabile ad un improvviso scoppio (burst), spesso produce un vortice rotante o un anello di vento entro il quale ci sono dei campi di vento (ravvicinati fra di loro) ad elevata velocità e di opposte direzioni.
Questa peculiarità del downburst giustifica il termine wind shear, ovvero la variazione di velocità ed intensità del vento con la quota (wind shear verticale) e con la distanza orizzontale (wind shear orizzontale): infatti la maggioranza dei pericolosi wind shear deriva dai downbursts. Guardiamo la seguente figura che mostra il ciclo di un downburst: la formazione consiste nel downdraft, originato dall'evaporazione e dalle precipitazioni; la fase di impatto vede una sensibile accelerazione del downdraft che sbatte violentemente sul terreno; infine, nella fase di dissoluzione il downburst si allontana dal punto di impatto (divergenza) accompagnato da venti assai mutevoli come direzione e intensità (wind shear)

 

Downburst

 

I bursts in pratica sono causati dallo "scompenso" che si crea tra updraft e downdraft e nascono nella maggioranza dai casi da nubi cariche di pioggia, la cui temperatura è più bassa di quella dell'aria circostante. Questo gradiente termico induce pressione più alta nella nube che causa un flusso verso l'esterno per bilanciare la pressione: tale flusso può consistere in un downburst. Questi sono i classici wet downburst che si manifestano simultaneamente ai rovesci, il cui raggio d'azione è facilmente individuabile grazie alle bande di precipitazione di grandine o pioggia (rain curtain o hail curtain) in discesa dalla base del cumulonembo e che toccano il suolo.
Esistono però anche downburst "secchi" conosciuti come dry downburst: essi non sono ben individuabili come i precedenti, in quanto si manifestano solo con aria secca: al massimo saranno traditi da alcune virga (precipitazioni che prima di toccare il suolo evaporano in strati d'aria più secca) e dal sollevamento di polvere sul terreno. La probabilità che si verifichi un dry microburst può essere approssimativamente quantificata: una base alta del Cb sottintende scarsa umidità, quindi poche precipitazioni e forti downdraft; di conseguenza sale il rischio di downburst secchi. Se invece il Cb ha una base bassa, questo indica molta umidità, quindi abbondanti precipitazioni e deboli downdrafts: in tal caso sono molto più probabili i wet downburst rispetto ai dry microburst.
I "temporali secchi" sono veramente molto rari nelle nostre zone e, anche se poche, producono comunque precipitazioni: dipende in che fase evolutiva si presenta il Cb sopra di noi. In questi casi osserveremo precipitazioni, sebbene scarse, solo nella fase di massima intensità in cui convivono i forti flussi di updraft e downdraft; in una qualunque fase evolutiva precedente o successiva si può avere assenza di precipitazioni. Il motivo è comunque da ricercare nell'aria eventualmente secca sottostante: in condizioni normali evapora il 40-50% della potenzialità precipitativa del Cb, e se l'aria sottostante è molto secca arriveremo a percentuali prossime all'80-90%.
Inoltre le particelle di precipitazione in discesa entrano in uno strato di nube (quello sottostante) in cui entra aria secca anche dall'ambiente circostante (questo perchè la corrente ascensionale aumenta d'intensità salendo di quota, creando quindi un risucchio laterale denominato "entrainement"), per cui l'evaporazione comincia già prima che le particelle in caduta si stacchino dalla base. Infine un certa perdita per evaporazione (ma minoritaria) è ascrivibile al riscaldamento delle particelle per attrito durante la caduta verso il suolo per cui le gocce più piccole tendono ad evaporare mentre quelle più grandi permangono.
Il downburst solitamente è più forte sul bordo avanzante (anteriore) della cella temporalesca o delle celle; gli "scoppi" di vento possono causare danni estesi alle strutture, tanto da poter essere facilmente confusi con i danni da tornado specialmente se il gust front include anche una nube molto scura e a forma di rullo (roll cloud) che potrebbe erroneamente far pensare alla presenza di una tromba d'aria (in questo sito non si farà alcuna distinzione tra tromba d'aria e tornado). Tuttavia i downbursts possono verificarsi anche con temporali non intensi o addirittura con rovesci non accompagnati da attività elettrica; inoltre il downburst produce venti a linea retta (frequenti nelle squall line e supercelle) i quali non sono accompagnati da moti rotatori e quindi non vanno confusi con i tornado.
I venti più forti generalmente nascono dal centro del temporale e questo avviene per due motivi:
1. in un sistema rigenerante che mantiene elevata la sua intensità, i bursts di aria discendente accompagnano il collasso delle pulsazioni degli updrafts, i quali hanno iniziato a precipitare assumendo connotati da downdrafts.
2. se un sistema subisce un improvviso e completo collasso, un'enorme quantità di precipitazioni sospese si getterà a "capofitto" sul terreno e ne risulterà un forte burst dovuto al potente downburts e all'irruenza dell'outflow. Ciò accade quando la pulsazione di un updraft particolarmente esteso matura dentro un'ampia cupola (anvil dome) la quale collasserà verso il basso partendo però dalla regione sovrastante l'updraft stesso; è il caso della pulse storm o del collasso di una supercella.

Danni da downburst

Essendo i downbursts venti a linea retta (all'incirca), la traccia dei detriti, rami, veicoli, pali della luce ecc punterà in una sola direzione e sarà molto discontinua ed irregolare, in quanto l'intensità di ogni burst (scoppio) varia molto come intensità. Per cui, se gli alberi o i pali della luce sono piegati verso E, vorrà dire che il downburst soffiava da W.

Peculiarità del downburst

1) divergenza

2) tracce larghe e diffuse

3) l'eventuale rotazione è lungo un asse orizzontale

Danni da tornado

Essendo i venti tornadici rotatori, la traccia dei detriti avrà alcune continuità: il tornado infatti è un progressivo evento che ha un inizio, una fine e vari gradi di intensità per cui ci sarà una fascia ristretta con danni gravissimi, mentre pochi metri più in là i danni saranno assai meno rilevanti. Anche la forma della traccia (detriti ecc) lasciata dal vortice è circolare come il vento tornadico.

Peculiarità del tornado

1) convergenza

2) tracce strette e ben definite

3) rotazione lungo un asse verticale

A seconda del loro raggio d'azione, i downbursts si dividono in 2 categorie: microburst e macroburst.

Microburst

Il microburst è un downburst in piccola scala in cui il vento divergente (radiale) interessa un'area orizzontale non più larga di 4 km. Spesso è più forte del macroburst e se è intenso persiste per 10 minuti con venti fino a 75 m/s (270 km/h). Il ciclo di vita di un microburst è di solito tra i 15 e i 20 minuti. Si trovano con maggior frequenza nelle aree temporalesche interessate da rovesci di pioggia e fulmini. In alcuni temporali particolarmente intensi si verificano più microburst e questo comporta che differenti regioni lungo il tragitto del temporale mostrano gli effetti dei vari microburst. I microbursts prevalgono nelle semplici celle convettive (celle singole).

Macroburst

Il macroburst è un downburst in larga scala in cui il vento divergente (radiale) si espande in orizzontale per oltre 4 km di larghezza. Può essere prodotto da più downdrafts e nei casi peggiori persistono per 30 minuti raggiungendo velocità di 60 m/s (215 km/h), ma solitamente si manifestano per 5 minuti. Un macroburst può contenere parecchi microburst i quali a loro volta contengono ulteriori bursts. Poichè questi bursts sono solitamente brevi in una determinata località, sarà molto difficile quantificare numericamente tutti i bursts. Comunque un bursts potrà esso stesso durare parecchie ore nel temporale, ma sarà in costante movimento. I macrobursts prevalgono nelle squall line in cui le celle temporalesche sono praticamente affiancate tra di loro, quindi i downbursts copriranno un'area molto più vasta rispetto alla cella singola.
Non tutti i micro/macro bursts causano venti estremi, ma alcuni di loro, come detto, sono in grado di causare danni simili o gravi a quelli di un tornado.

 

Downburst

 

Downburst